[1] Pubblicato su «Acta Philosophica» VII (1998) 65-88.
[2] Il Cursus Theologicus vide la luce tra il 1667 e il 1675. A noi interessa l’arbor praedicamentalis virtutum, che chiude il volume sesto del Cursus. Questo volume è opera del P. Juan de la Anunciación O.C.D. Qui citiamo l’edizione pubblicata a Parigi e a Bruxelles nel 1878. Il lettore interessato può rinvenire utili notizie sul Cursus nello studio del P. Enrique Del Sagrado Corazón, O.C.D., Los Salmanticenses. Su vida y su obra, Editorial de Espiritualidad, Madrid 1955. La traduzione alla lingua italiana è nostra.
[3] Usiamo l’edizione veneta del 1750. La traduzione alla lingua italiana è nostra.
[4] Cursus Theologicus, ed. cit., vol. VI, p. 445.
[5] «(...) et diffinitur a Cajetano hoc modo: Aequitas est directio legis ubi deficit propter universale» (ibidem).
[6] Ibid., p. 446.
[7] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] «Ob majus bonum quod ex legis jam latae firmitate et veneratione communitati accrescit: cui firmitati, dubium non est, aliqualiter derogari per exceptiones. Unde epikeia utens, debet hoc totum considerare, tuncque solum contra verba legis operari, quando illorum observatio, attentis omnibus, majus infert nocumentum bono communi, quam legis praetermissio. Quocirca caute procedere oportet, quia id non saepe contingit» (Ibidem).
[10] Ibidem.
[11] Ibid., pp. 446-447.
[12] Volume III, nn. 41-45, p. 54 dell’edizione veneta del 1750. Sull’epicheia nel Cursus Theologiae Moralis si veda Sala, G.B., Ist die Epikie auf das natürliche Sittengesetz anwendbar? Ein Versuch, einen Text des hl. Alfons von Liguori zu klären, «Theologie und Philosophie» 75/2 (2000) 379-383.
[13] Cfr. Cursus Theologiae Moralis, vol. III, n. 42, p. 54.
[14] Cfr. ibidem.
[15] Cfr. ibid., nn. 44-45.
[16]
Sant’Alfonso Maria De’ Liguori, Theologia Moralis, lib. I, tract. II, cap.IV, III, n. 201; editio nova cura et studio L. Gaudé, Typographia Vaticana, Romae 1905, vol. I, p. 182.[17]
P. Scavini, Theologia Moralis Universa ad mentem S. Alphonsi M. de Ligorio, lib. I, tract. II, disp. I, cap. VIII, n. 262, ed. Oliva, Mediolani 1865, vol. I, pp. 200-201. Nella Prefazione alla prima edizione della Theologia Moralis, riferendosi alle fonti utilizzate, scrive Sant’Alfonso: “Alia explicanda, alia addenda censui ex diversis probatorum doctorum auctoritatibus, nimirum S. Thomae, Lessii, Sanchez, Castropalai, Lugo, Laymann, Bonacina, Viva, Croix, Roncaglia et aliorum, praesertim Salmanticensium, qui communi aestimatione moralem hanc scientiam diffuse et egregie pertractant, quosque ipse inter ceteros frequentius familiares habui; ita ut fere omnia, quae iidem tot libris latiore calamo in examen revocant, breviter concinnata hic invenias, et praecipue quae ad praxim faciunt” (citato da L. Gaudé, nella prefazione dell’edizione della Theologia Moralis del 1905).[18]
H. Noldin, Summa Theologiae Moralis, 28ª ed., F. Rauch, Oeniponte-Lipsiae 1941, vol. I, n. 160.[19]
Ibidem.[20]
Cfr. D.M. Prümmer, Manuale Theologiae Moralis secundum principia S. Thomae Aquinatis, 11ª ed., Herder, Friburgi Br. — Barcinone 1953, vol. I, nn. 231-233.[21]
Ibid., n. 231.[22]
Cfr. ibid., n. 233 e soprattutto n. 156.[23]
Cfr. R. Egenter, Über die Bedeutung der Epikie im sittichen Leben, in "Philosophisches Jahrbuch", 53 (1940), pp. 115-127.[24]
Cfr. J. Giers, Epikie und Sittlickeit. Gestalt und Gestalwandel einer Tugend, in R. Hauser — F. Scholz, Der Mensch unter Gottes Anruf und Ordnung (Festgabe Müncker), Düsseldorf 1958, pp. 51-67.[25]
Cfr. E. Hamel, La vertu d'épikie, in "Sciences Ecclésiastiques" 13 (1961) 35-56; Fontes greci doctrinae de epikeia, in "Periodica de re morali, canonica, liturgica" 53 (1964) 169-185; L'usage de l'épikie, in "Studia Moralia" 3 (1965) 48-81.[26]
J. Fuchs, Epikeia circa legem moralem naturalem?, in “Periodica de re morali, canonica, liturgica”, 69 (1980), pp. 251-270; si veda anche il capitolo VIII, Eccezioni — Epikeia e norme morali di legge naturale, del volume Etica Cristiana in una società secolarizzata, Piemme, Roma 1984, pp. 139-155.[27]
Cfr. G. Virt, Epikie und sittliche Selbstbestimmung, in D. Mieth (hrsg.), Moraltheologie im Abseits? Antwort auf die Enzyklika "Veritatis splendor", Herder, Freiburg-Basel-Wien 1994, pp. 203-220; e Die vergessene Tugend der Epikie, in TH. Schneider (hrsg.), Geschieden, Wiederverheiratet. Abgewiesen? Antworten der Theologie, Herder, Freiburg-Basel-Wien 1995, pp. 267-283. Questo autore ha pubblicato un importante studio storico sul tema: Epikie — verantwortlichen Umgang mit Normen. Eine historisch-systematische Untersuchung zu Aristoteles, Thomas von Aquin und Franz Suarez, Grünewald, Mainz 1983. Per un breve riassunto delle tesi principali, Cfr. G. Virt, voce Epiqueya, in H. Rotter — G. Virt, Nuevo diccionario de moral cristiana, Herder, Barcelona 1993, pp. 177-179.[28]
Cfr. M. Wittmann, Die Ethik des hl. Thomas von Aquin (München 1933), ristampa anastatica New York — Frankfurt 1963, p. 120.[29]
Cfr. Über die Bedeutung..., cit. pp. 120 ss.[30]
Cfr. La vertu d'épikie, cit., pp. 59-60.[31]
"S. Thomas apparaît moins libéral que S. Albert en ce qui concerne l'usage de l'épikie (...) S. Thomas n'a pas réussi à valoriser entièrement la vertu d'épikie. Il y a chez lui une sorte d'hiatus entre doctrine et application, la première étant plus large que la seconde. D'une part, il nous offre une doctrine ample et dynamique, d'inspiration nettement aristotélicienne, sur la nature et le fondement de l'épikie. Il a su l'exprimer en des formules heureuses et définitives, que les rénovateurs ne manqueront pas d'utiliser et de développer. D'autre part, quand il passe au domaine de l'application il adopte une attitude précautionneuse. Il semble mal se défendre contre une certaine crainte que l'épikie nuise à la majesté de la loi ou à l'autorité du legislateur. On sent poindre également une certaine méfiance à l'égard du jugement du subordonné. Cela serait dû, selon Wittmann, à una influence platonicienne” (E. Hamel, L’usage de l’épikie., cit., pp. 57.59-60).[32]
Ibid., p. 67.[33]
Cfr. G. Virt, voce Epiqueya, cit., p. 178.[34]
Cfr. Ibidem.[35]
Cfr. Ibidem.[36]
Cfr. Ibid., pp. 178-179.[37]
Cfr. Ibid., p. 179.[38]
Argomentano in questa linea, per esempio, H. Lepargneur, Os conceitos da "Veritatis splendor", in "Revista Eclesiastica Brasileira", 213 (1994), pp. 19-20; K. Hilpert, Glanz der Wahrheit: Licht und Schatten, in "Herder Korrespondenz", 47 (1993), pp. 626-627; J. Fuchs, Das problem Todsünde, in "Stimmen der Zeit", 212/2 (1994), p. 79.[39]
Cfr. G. Virt, Epikia und sittliche Selbstbestimmung, cit., pp. 213-218.[40]
D'ora in avanti verrà citata Lettera CDF 14/9/1994.[41]
Cfr. G. Virt, Epikie und sittliche Selbstbestimmung, cit., p. 204, e Die vergessene Tugend der Epikie, cit., p. 274.[42]
J. Fuchs, Etica Cristiana in una società secolarizzata, cit., pp. 143-144.[43]
Cfr. A. Rodríguez Luño, "Veritatis splendor" un anno dopo. Appunti per un bilancio (II), in "Acta Philosophica", 5 (1996), pp. 47-75.[44]
Vizio contro il quale previene l'enciclica Veritatis splendor:"Per poter cogliere l'oggetto di un atto che lo specifica moralmente occorre quindi collocarsi nella prospettiva della persona che agisce. Infatti, l'oggetto dell'atto del volere è un comportamento liberamente scelto. In quanto conforme all'ordine della ragione, esso è causa della bontà della volontà, ci perfeziona moralmente e ci dispone a riconoscere il nostro fine ultimo nel bene perfetto, l'amore originario. Per oggetto di un determinato atto morale non si può, dunque, intendere un processo o un evento di ordine solamente fisico, da valutare in quanto provoca un determinato stato di cose nel mondo esteriore. Esso è il fine prossimo di una scelta deliberata, che determina l'atto del volere della persona che agisce" (Giovanni Paolo ii, Enc. Veritatis splendor, n. 78).[45]
Cfr. su questo problema S. Tommaso D'Aquino, Somma teologica, I-II, q. 18, a. 5, ad 3.[46]
Critica della ragione pratica, 9ª ed., Laterza, Roma-Bari 1966, pp. 79-80.[47]
Cfr. la sezione III, 5.1 della prima parte.[48]
Cfr. R. McCormick, Geburtenregelung als testfall der Enzyklika, in D. Mieth (hrsg.), Moraltheologie im Abseits?..., cit., p. 272.[49]
Paolo vi, Enc. Humanae vitae, n. 14.[50]
Si veda a questo proposito l'editoriale La recezione della "Veritatis splendor" nella letteratura teologica, in "L'Osservatore Romano", 20-V-1995, p. 1.[51]
Per una visione di insieme, si veda B. Petrà Il matrimonio può morire? Studi sulla pastorale dei divorziati risposati, EDB, Bologna 1996, capitoli 2º e 3º della Prima Parte. Si veda anche U. Navarrete, Indissolubilitas matrimonii rati et consummati. Opiniones recentiores et observationes, in "Periodica" 58 (1969) 415-489.[52]
Perciò "la retta risoluzione [delle cause di nullità del matrimonio] tende a che nel miglior modo possibile sia provveduto così alla santità e alla fermezza del matrimonio, come al naturale diritto dei fedeli ['niuna legge umana può togliere all'uomo il diritto naturale e primitivo del coniugio' (insegnavano Leone XIII e Pio XI)], tenendo nel debito conto il bene comune della umana società e il bene privato dei coniugi" (Pio xii, Discorso alla Rota Romana, 3 ottobre 1941, n. 1: AAS 33 (1941) 421-426).[53]
Cfr. lo studio prima citato di U. Navarrete; si veda anche P. Adnès, El matrimonio, Herder, Barcelona 1979, p. 192.[54]
Cfr. U. Navarrete, Indissolubilitas..., cit. pp. 448-449.[55]
Sul piano dei dati di fatto va notato che l'esperienza delle chiese orientali non cattoliche dimostra che il principio dell'eccezione è animato da una dinamica intrinseca che tende al progressivo e inarrestabile ampliamento. Le chiese orientali non si limitano alla clausola matteana, perché ammettono molte altre cause di divorzio; alle volte basta il consenso dei coniugi. Tutto ciò è stato documentato da L. Bressan, Il divorzio nelle Chiese orientali. Ricerca storica sull'atteggiamento cattolico, EDB, Bologna 1976.[56]
Cfr. CIC 916; Concilio Tridentino, sess. XXIII, Dz-Schö. 1646-1647, 1661; Cfr. anche Dz-Schö. 2058-2059 (proposizione condannate da Alessando VII).[57]
Cfr. Communicationes 13 (1981) 412 e 15 (1983) 194.[58]
Cfr. B. Häring, Internal Forum Solutions to Insoluble Marriage Cases, in "The Jurist" 30 (1970) 21-30.[59]
Cfr. Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede del 11 aprile 1973.[60]
B. Häring, Pastorale dei divorziati.... cit., p. 78. Anche G. Virt si richiama esplicitamente all'epicheia: Die vergessene der Epikie, cit., pp. 267-283.[61]
"Quamvis prius matrimonium sit irritum aut solutum qualibet ex causa, non ideo licet aliud contrahere, antequam de prioris nullitate aut solutione legitime et certo constiterit".[62]
Cfr. D. Staffa, De celebratione alterius matrimonii absque sententia de nullitate prioris, in "Apollinaris" 30 (1957) 471-472; U. Navarrete, Conflictus inter forum internum et externum in matrimonio, in Investigationes theologico-canonicae, Roma 1978, pp. 338-40; F.J. Urrutia, The 'Internal Forum Solution'. Some Comments, in "The Jurist" 40 (1980) 137-140.[63]
Internal Forum Marriage: Reflections on a Study by Urban Navarrete, in Magister Canonistarum, Salamanca 1994, pp. 199-214.[64]
Cfr. M.F. Pompedda, La questione dell'ammissione ai sacramenti dei divorziati civilmente risposati. Annotazioni circa alcuni articoli di stampa, in "L'Osservatore Romano", 13-IX-1987; ID., La Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede circa i fedeli divorziati risposati. Problematiche canonistiche, "L'Osservatore Romano" 18-XI-1994; W.E. May, Las opiniones del padre B. Häring sobre la pastoral de los divorciados vueltos a casar, in "L'Osservatore Romano", ed. spagnola 22-III-1991; C. Bresciani, La pastorale dei divorziati risposati in recenti pubblicazioni, in "La Famiglia" 152 (1992) 5-12; J.M. Pommarès, La coordination des fors interne et externe dans l'ordonnacement canonique actuel, Roma 1993, pp. 102-103; P. Bianchi, Nullità di matrimonio non dimostrabili. Equivoco o problema pastorale?, in "Quaderni di Diritto Ecclesiale" 6 (1993) 280-297; J. Llobell, Foro interno e giurisdizione matrimoniale canonica, in "Rivista Diocesana Torinese", febbraio 1996, pp. 1-22.[65]
Lettera, IV.[66]
Principi, II, 2.[67]
Principi, IV, 4.[68]
Principi, IV, 7.[69]
Principi, IV, 4.[70]
F. Suárez De Legibus..., cit., lib. V, cap. 23, p. 519.[71]
F. Suárez, De Legibus..., cit., Lib. VI, cap. 7, p. 33. In questa seconda ipotesi rientrebbe quanto affermato da Suárez sul bene particulare di una persona: "non solum posse cessare obligationem legis quando in particulari eventu esset contra bonum commune servare legem, sed etiamsi sit tantum contra bonum particularis personae, dummodo sit nocumentum grave et nulla alia ratio communis boni obliget ad illud inferendum ver permittendum; nam tunc justitia vel charitas jubet evitare tale nocumentum proximi, cui non potest lex humana rationabiliter opponi" (Ibid., p. 34).[72]
Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, 10-II-1995, n. 9.[73]
Commento all'art. 1º della quaestio 120 della Secunda Secundae, ed. Leonina della Summa Theologiae, pp. 468-469.[74]
Cfr. I. Gordon — Z. Grocholewski, Documenta recentiora circa rem matrimononialem et processualem, vol. I, Romae 1977, pp. 1252-1259. Cfr. anche R. L. Burke, La procedura amministrativa per la dichiarazione di nullità del matrimonio, in VV.AA., I procedimenti speciali in diritto canonico, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, pp. 93-105.[75]
Cfr. M. F. Pompedda, Il valore probativo delle dichiarazioni delle parti nella nuova giurisprudenza della Rota Romana, in "Ius Ecclesiae" 5 (1993) 437-468; J. Llobell, Foro interno e giurisdizione matrimoniale canonica, cit.[76]
Cfr. M. F. Pompedda, La Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede..., cit.[77]
Pio XII, Discorso alla Rota Romana, 3-X-1941, n. 2.[78]
Nella sua lettera a The Tablet (26-X-1991) il Card. J. Ratzinger, parlava in questo senso della "contraddizione intrinseca del risolvere in foro interno qualcosa che per natura corrisponde al foro esterno".[79]
Vescovi Dell'Alto Reno, Principi, cit., IV, 7.[80]
Cfr. F. Bersini, Il diritto canonico matrimoniale. Commento giuridico-teologico-pastorale, 4ª ed., Leumann, Torino 1994, pp. 68-74. In senso analogo, ma sulla base dell'opinione che la Chiesa possiede il potere di dissolvere il matrimonio rato e consumato, B. Petrà, Il matrimonio può morire?..., cit. p. 245.[81]
Cfr. M.F. Pompedda, La questione dell'ammissione ai sacramenti..., cit., p. 8.[82]
Alla dispensa e alla tolleranza si richiama esplicitamente A. Polag, Die Beziehung der Katholiken zur Kirche nac dem Scheitern einer Ehe. Problembeschreibung aus der Sicht eines Seelsorgers, in TH. Schneider (hrsg.), Geschieden, Wiederverheiratet..., cit., pp. 15-17. L'Autore non si pone il problema se su certe cose la Chiesa ha il potere di dispensare. E così, paradossalmente, mentre viene criticata la competenza del Magistero, si presuppone un'immagine volontarista della Chiesa secondo la quale i Pastori potrebbero far tutto e il contrario di tutto. L'unico problema sarebbe che adesso i Pastori, per durezza o rigidità, non vogliono fare ciò che i fedeli e i tempi chiedono. Non mi sembra una prospettiva ecclesiologica corretta.[83]
Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, 10-II-1995, n.8.[84]
Cfr. TH. Schneider (hrsg.), Geschieden, Wiederverheiratet.... cit., pp. 14-15; 216-217; 266. In queste pagine, scritte da autori diversi, lo stesso problema viene presentato con sfumature diverse.[85]
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1650. Ripreso nella Lettera CDF 14/9/94, n. 4.[86]
Sant’Agostino Contra Faustum, lib. 22, cap. 27, PL 42, 418.[87]
"Qui conscius est peccati gravis, sine praemissa sacramentali confessione Missam ne celebret neve Corpori Domini communicet, nisi adsit gravis ratio et deficiat opportunitas confitendi; quo in casu meminerit se obligatione teneri ad eliciendum actum perfectae contritionis, qui includit propositum quam primum confitendi" (CIC, 916).[88]
Per esempio, se c'è stato un sospetto di impotenza antecedente o di omosessualità implicante impotenza, dolo in caso di AIDS, ecc.